Che cos’è l’Acceptance and Commitment Therapy

Odio il mio corpo. Mi disgusta.

Se commetto un altro errore al lavoro, dovrò ricominciare tutto da capo. Lo stress mi ha provocato un attacco di panico così forte che sono dovuta andare in ospedale.

I miei colleghi sono degli idioti. Il mio lavoro non mi piace più, ma se voglio mantenere la mia famiglia sono costretto a rimanere.
Tutte le volte che li vedo i miei familiari finiscono sempre per criticarmi. È sempre stato così. Le cose non cambieranno mai. Forse la cosa migliore è non vederli più.

Forse non hai vissuto di persona queste situazioni, ma di certo almeno una volta avrai provato l’aspetto comune che le caratterizza: la sensazione di essere in trappola e profondamente infelice.

Lo stress che possiamo provare per il lavoro, il rapporto che abbiamo con il nostro corpo, relazioni conflittuali con i nostri familiari o il nostro partner, i problemi finanziari, insomma tutto quello che fa inscindibilmente parte della vita a volte ci può sembrare troppo difficile da gestire e finiamo per sentirci schiacciati ed impotenti, con il rischio di precipitare nell’ansia e nella depressione.

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L’acceptance and Commitment Therapy, (ACT), è una forma di psicoterapia cognitivo comportamentale evidence based di terza generazione che promuove la consapevolezza e la flessibilità psicologica allo scopo di aiutare le persone a trasformare il loro rapporto con le proprie esperienze interne quali pensieri negativi, emozioni e sensazioni fisiche spiacevoli o ricordi dolorosi.

L’acronimo ACT (che in inglese sta per agire o azione) racchiude in sé i tre punti fondamentali su cui lavora:

  • A accogli i tuoi pensieri e le tue emozioni

  • C connettiti con i tuoi valori

  • T traduci i tuoi valori in azioni efficaci

L’ACT condivide alcuni principi teorici fondamentali con la terapia cognitivo comportamentale tradizionale, primo fra tutti quello secondo cui che ciò che pensiamo e ciò che facciamo influenza il nostro umore il nostro stato d’animo e di conseguenza il nostro comportamento.

Ma a differenza dell’approccio cognitivo comportamentale lo scopo dell’ACT non è modificare il contenuto dei nostri pensieri o le emozioni dolorose ma imparare un nuovo modo per stare a contatto con essi, favorendo allo stesso tempo l’impegno in azioni e comportamenti in linea con i nostri valori più autentici e che possono arricchire la nostra vita.

In altre parole, l’ACT ci insegna due cose fondamentali per il nostro benessere piscologico:

  • ad apprendere e mettere in pratica abilità psicologiche (dette anche abilità di mindfulness) fondamentali per relazionarci ai nostri pensieri e alle nostre emozioni dolorose in modo che essi abbiano un impatto e un’influenza meno devastante su di noi

  • a chiarire ciò che è veramente importante e significativo per noi, secondo quali valori vogliamo vivere le nostre amicizie, le nostre relazioni con gli altri, i nostri rapporti di lavoro e ad applicare strategie concrete per metterlo in atto

Cosa provoca e cosa mantiene la sofferenza psicologica?

I sei processi patologici fondamentali.

Perché soffriamo di ansia e di depressione?

Perché, pur non soffrendo di patologie mentali, ci sentiamo infelici, impotenti, schiacciati dalle nostre esperienze interne o dall’ambiente che ci circonda?

Secondo l’ACT esistono sei meccanismi responsabili del mantenimento della sofferenza psicologica:

  • Fusione cognitiva

Essere fusi con i nostri pensieri significa esserne invischiati al punto da esserne completamente dominati, con conseguenze anche sulle nostre azioni e sui nostri comportamenti.

Chi soffre di depressione, ad esempio, può essere fuso con pensieri quali “Non valgo niente”, “Niente cambierà mai”, “Sono troppo giù per fare qualsiasi cosa”, e la conseguenza sarà un ulteriore calo dell’umore e dell’attivazione comportamentale.

  • Evitamento esperienziale

L’evitamento esperienziale avviene tutte le volte che cerchiamo di evitare, sfuggire o eliminare pensieri, immagini, ricordi o emozioni difficili e dolorose.

Ricordi l’esempio della persona depressa? La fusione con i suoi pensieri la spingerà ad evitare l’interazione con gli altri, proprio per evitare di stare a contatto con la sua esperienza interne spiacevoli.

L’evitamento gli darà quindi un sollievo momentaneo che agirà da rinforzo e lo motiverà a continuare ad evitare. Tuttavia, sul lungo termine, sarà proprio l’evitamento a mantenere e a peggiorare la depressione.

  • Dominanza di passato e presente e limitata consapevolezza di sé

Tutti noi siamo abituati a passare molto tempo a contatto con pensieri che riguardano il passato o il futuro, rimuginando su eventi passati dolorosi o fantasticando su eventi futuri che potrebbero accadere e su quello che dovremmo o potremmo fare per affrontare queste situazioni.

Così facendo però perdiamo il contatto con il momento presente e senza questa consapevolezza diventa difficile cambiare i nostri comportamenti in senso più funzionale al nostro benessere.

  • Mancanza di chiarezza o contatto con i nostri valori

Se non abbiamo chiari i nostri valori e non siamo in contatto con essi, saremo sempre in balia dell’evitamento esperienziale e della fusione cognitiva e non potremmo quindi utilizzare i nostri valori come guida efficace per le nostre azioni.

Nel caso del nostro paziente depresso, lo scarso contatto con quei valori connessi alla cura di sé, al contatto e alla cooperazione con gli altri, alle attività stimolanti quali sport o hobby, impedirà o rallenterà di molto la sua guarigione.

  • Azioni controproducenti

In ACT le azioni infattibili sono tutte quelle azioni che ci allontano sempre più dal benessere, da una vita significativa o dalla guarigione dalla depressione o da qualsiasi altro disturbo mentale.

Sono quelle azioni impulsive, automatiche basate sulla fusione e sull’evitamento esperienziale (e lontane dalla consapevolezza e dai valori) responsabili di quelle procrastinazioni e di quei blocchi che rendono impossibile individuare strategie efficaci per stare meglio e guarire.

Ripensa per un momento al nostro paziente depresso: le azioni controproducenti che metterà in atto, quali ad esempio il ritiro sociale, l’inattività, dormire troppo, ricorrere all’alcol, non faranno altro che ostacolare la sua guarigione.

  • Attaccamento al sé concettualizzato

Tutti noi ci creiamo una narrazione su ciò che siamo: punti di forza e debolezza, competenze, desideri, paure, aspirazioni. Possiamo pensarci coraggiosi, intraprendenti e curiosi. Oppure ansiosi, depressi e incapaci.

Tale narrazione è sempre caratterizzata da un giudizio che noi diamo di queste nostre caratteristiche.

Se ci fondiamo totalmente con questa narrazione, se pensiamo che essa ci definisce (soprattutto se ci autodescriviamo come incapaci), questo avrà naturalmente un impatto negativo sulla nostra autoefficacia.

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Come funziona l’ACT in pratica?

L’ACT si fonda e lavora su sei principi di base che ne costituiscono il fondamento teorico e che spiegano come la sofferenza psicologica si instaura e si mantiene.

I sei principi dell’ACT hanno tutti l’obiettivo di farci apprendere ed esercitare quelle abilità che ci consentono di individuare un modo più efficace di stare in relazione con i nostri pensieri e le nostre emozioni senza giudicarle e senza farci sopraffarci da essi e, allo stesso tempo, di raggiungere gli obiettivi che ci stanno a cuore e che arricchiscono la nostra vita.

Queste abilità ci insegnano a:

  • Stare a contatto con il momento presente

Stare a contatto con il momento presente significa essere presenti e prestare attenzione a ciò che accade dentro e fuori di noi qui e in questo momento. Significa essere concentrati ed impegnati in ciò che stiamo facendo e vivendo. Se hai provato a farlo, ti sarai sicuramente accorto che è più facile a dirsi che a farsi, perché nostri pensieri sembrano sempre in grado di catturarci e di portare via la nostra attenzione, allontanandoci dal momento presente.

E finiamo così per rimanere agganciati a pensieri legati al passato o al futuro per molto tempo, perdendo di vista l’unica cosa davvero importante, ossia il presente.

  • Defonderci dai nostri pensieri

Per defusione cognitiva si intende fare un passo indietro rispetto ai nostri pensieri, ai nostri ricordi, alle immagini nella nostra mente, come se volessimo osservarli per quello che sono invece che farci catturare e portarci via da loro. In uno stato di fusione i nostri pensieri (quali ad esempio “Sono un incapace”, “Sono un fallimento totale”, “Non devo assolutamente sbagliare”) possono apparirci come verità assolute, imperativi o regole che dobbiamo assolutamente seguire, o minacce di cui dobbiamo assolutamente liberarci.

Se invece impariamo un nuovo modo di relazionarci ai nostri pensieri, a separarci senza fonderci con essi, al contrario, possiamo scoprire se un pensiero è vero oppure o no, che non è una minaccia, che è solo pensiero non un evento reale e infine che non siamo davvero obbligati a obbedirgli.

E soprattutto scopriremmo che i pensieri, se lasciati liberi e se non reagiamo subito ad essi, come sono arrivati se ne vanno.

Praticando la defusione, i pensieri, soprattutto quelli dolorosi e difficili, perderanno sempre più il loro potere di preoccuparti e deprimerti.

  • Accogliere e fare spazio alla nostra esperienza interna

Naturalmente a nessuno piace stare a contatto con pensieri e con emozioni che ci provocano ansia, paura, rabbia, vergogna o altri stati d’animo difficili!

Tuttavia più cerchiamo di eliminarli magari distraendoci, evitandoli o lottandoci contro, più paradossalmente alla fine ritornano ancora più forti.

Ma cosa succede se invece di fare loro la guerra, li accogliamo e diamo loro modo di essere quello che sono?

Anche in questo caso ci accorgeremmo che l’evitamento esperienziale non fa altro che rinforzare il potere che questi pensieri e queste emozioni hanno su di noi e di conseguenza la nostra sofferenza.

Lasciare invece che siano, lasciando loro spazio, scoprirai che sono meno spaventosi di quanto immaginiamo e che, lasciati liberi, fluiscono molto più rapidamente.

  • Diventare consapevoli del nostro vero sé

Tutti conosciamo e abbiamo familiarità con quella parte di noi che genera continui pensieri, credenze, giudizi, ricordi, fantasie che spesso ci catturano, ci giudicano e ci allontano dal momento presente.

Molto meno nota e familiare è invece quella parte di noi che è consapevole di ciò che sentiamo, percepiamo o facciamo in qualsiasi momento, in altre parole il nostro vero sé.

Il nostro vero sé (nell’ACT si chiama sé osservante) definisce ciò che siamo di base e resta sempre uguale, anche se nel corso della vita i nostri pensieri, i nostri ruoli e i nostri sentimenti cambiano.

È quello che ci guida e che ci orienta nelle scelte più importanti della nostra vita e ci avvicina ai nostri valori.

  • Individuare e mettere in pratica i nostri valori

Che cosa conta per noi davvero nella vita? Che tipo di amico, partner, genitore, vogliamo essere? Cosa vogliamo essere per noi stessi e per gli altri?

Quando il nostro comportamento è più guidato dalla fusione cognitiva o dal tentativo di evitare le nostre esperienze interne dolorose, i nostri veri valori finiscono per essere trascurati e si perdono.

Imparare a defonderci dai nostri pensieri e smettere di controllare o evitare i nostri pensieri e le nostre emozioni, ci lascia liberi di riportare la nostra attenzione su ciò che conta veramente per noi e su ciò che è utile al nostro benessere fisico e psichico.

  • Imparare a fare ciò che è importante per noi

Individuati i nostri valori, il passo successivo è metterli in pratica.

Una vita piena e significativa libera dall’ansia e dalla sofferenza si crea attraverso l’azione impegnata.

Non un’azione qualsiasi, ma un’azione guidata e motivata dai nostri valori, che imparerai a ripetere e a portare avanti, non importa quante volte sbagli o vai fuori strada.

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Ambiti di intervento dell’’acceptance and Commitment Therapy

L’acceptance and Commitment Therapy è indicata per il trattamento delle seguenti patologie:

  • Disturbi d’ansia

Se soffri d’ansia le abilità di mindfulness e la messa in pratica dei valori ti insegneranno un nuovo e più efficace modo per relazionarti ai tuoi pensieri e alle tue sensazioni.

  • Depressione

Incoraggiano la connessione con i propri valori e l’azione impegnata, l’ACT spezza il circolo vizioso dell’evitamento, caratteristico dei disturbi depressivi.

  • Dolore cronico

Promuovendo l’accoglimento di tutte le esperienze fisiche e psichiche in modo non giudicante, L’ACT è un valido aiuto nel migliorare la qualità della vita e nel ridurre lo stress emotivo associato al dolore cronico

  • Problemi legati alla gestione dello stress

Insegnando a rispondere agli eventi stressanti con maggior flessibilità e resilienza attraverso le abilità di minfulness e la defusione cognitiva, l’ACT contribuisce ad una gestione dello stress più funzionale e sostenibile

  • Trauma e disturbo post traumatico da stress

Fornendo strumenti per una miglior gestione di ricordi e sensazioni dolorose, e ponendo l’enfasi su una vita guidata dai valori, l’ACT è uno strumento essenziale nella ricostruzione di un’esistenza significativa e soddisfacente dopo un’esperienza traumatica

  • Problemi relazionali

Promuovendo le abilità di mindfulness e una comunicazione basata sui valori, l’ACT è un valido strumento per migliorare la gestione dei conflitti interpersonali e per creare legami significativi e gratificanti con gli altri

  • Disturbi alimentari

Incoraggiando la connessione ai propri valori più autentici e incoraggiando la defusione dai propri pensieri, l’ACT promuove una relazione più salutare con il cibo e l’immagine corporea

  • Dipendenza da sostanze o dipendenze comportamentali

L’enfasi su abilità di mindfulness, sull’accoglimento non giudicante delle nostre esperienze interne è un valido aiuto nello spezzare il ciclo della dipendenza.  La promozione di azioni basate sui valori riduce la probabilità di ricorrere alle sostanze come meccanismo di coping

L’acceptance and Commitment Therapy è una terapia esperienziale che va dritto al cuore del problema e accelera il processo di cambiamento. Se ti riconosci nelle situazioni e nei sintomi descritti, contattami e prendi appuntamento.

Bibliografia:

S. Hayes, K. Strosahal, K. Wilson, ACT Terapia e pratica dell’Acceptance and Commitment Therapy, Cortina Editore

R. Harris, Fare ACT Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy, Franco Angeli

R. Harris, La trappola della felicità, Erickson